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25.11 – Lasciare traccia

24 Novembre 2022 cda58

25.11 | LASCIARE TRACCIA

 

«Ricordiamo che il meglio non si deve nascondere. […]

Ovunque voi siate venite allo scoperto.

Lasciate orme profonde, poiché ne siete capaci. […]

Perdonate quanto potete, dimenticate un poco, e create molto.

Quel che fate oggi influenzerà la vostra discendenza femminile in futuro.

Le figlie delle vostre figlie delle vostre figlie probabilmente vi ricorderanno e,

soprattutto, seguiranno le vostre tracce.».

[Clarissa Pinkola Estès, Donne che corrono coi lupi]

 

Parole diverse
25 novembre: celebrazione della giornata contro la violenza sulle donne, adesso denominata “Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne”.

Celebrazione sacrosanta.

Celebrazione che mi piacerebbe onorare con parole diverse da quelle usate abitualmente.

Il concetto stesso di ‘eliminazione’ è un concetto radicale e violento, la parola è sinonimo di cancellazione e soppressione, ma cancellare e sopprimere qualcosa non fa altro che rafforzarlo.

La parte oscura quando viene negata si riafferma con maggiore energia.

Una nuova mappa
Le parole sono la mappa che ci aiuta a descrivere, definire e immaginare la realtà. Il desiderio che mi muove è quello di evolvere dal concetto di ‘vittima di violenza’ a quello di persona responsabile delle sue scelte e conscia del suo valore.

Sto per calpestare un terreno minato, ma desidero rischiare.

Ecco alcune parole che non voglio usare:

‘Eliminazione’

‘Contro’

‘Violenza’

‘Vittima’

I carnefici esistono e le vittime anche. Non è mia intenzione trasmettere un messaggio in cui si attribuisce la colpa della violenza alla donna che l’ha subita. Nessuna (e nessuno) può essere aggredito verbalmente e fisicamente per l’abbigliamento che indossa o perché passeggia di notte o va a una festa o per il suo orientamento politico o sessuale. Gli interrogatori e le visite ginecologiche a cui le donne si devono sottoporre in seguito a uno stupro per trovare giustizia sono ulteriore violenza e questa non è che la punta di un iceberg di infinite violenze, manipolatorie e sottili, perpetuate da tradizioni che ci hanno abituato a considerare normalità gli abusi e le sopraffazioni.

«Grida piano che i vicini ti sentono»
Era il titolo di una pubblicazione femminista, a firma Erin Pizzey, apparsa negli USA negli anni ‘60. Uno dei primi coraggiosi tentativi di sollevare il velo sul tema controverso della violenza domestica, spesso taciuta dalle donne e avallata da un sistema complice in cui il potere apparteneva esclusivamente agli uomini: giudici, poliziotti, datori di lavoro. Ciò che avveniva all’interno della casa e della famiglia non veniva considerato violenza o stupro e per secoli donne e bambini hanno subito i soprusi e gli abusi, che diventavano poi segreti di famiglia così terribili da non poter essere detti. Il silenzio la paura la complicità hanno contribuito ad alimentare un sistema che trasforma le persone in mostri.

Utilizzo il termine ‘persone’ perché anche le donne sono spesso complici di questo stato di fatto: madri che lasciano violentare le figlie, fingendo di non vedere; donne che alimentano e perpetuano tradizioni che le vogliono discriminate e inferiori, in nome della tradizione, della religione, del consenso sociale.

Ma come siamo giunti a questo terribile stato di cose?

C’era una volta la Dea
Non è sempre stato così.

Presso alcune civiltà antiche, pacifiche e fortemente evolute, come la civiltà minoica e le altre civiltà pre-elleniche, o i culti matrilineari di Malta e dell’antica Anatolia, la differenza tra i sessi veniva riconosciuta, ma non determinava contrapposizione. L’antropologa Marija Gimbuta riporta nei suoi studi la testimonianza delle antiche tracce delle comunità matriarcali, la cui economia si basava sulla raccolta e l’agricoltura. Erano comunità che veneravano la Dea, portatrice di vita e amorevole Madre di ogni creatura, capace di trasformarsi in temibile distruttrice di chiunque osasse attaccare la vita. Da questo sistema siamo poi passati, in seguito a una rottura culturale e a un periodo di caos, al sistema patriarcale, basato sulla caccia e la conquista del territorio, presupposti indispensabili per garantire la sopravvivenza del clan. I popoli che lo propugnavano adoravano il potere letale della spada, il potere di togliere la vita anziché donarla e su questo presupposto istituirono e rafforzarono il loro dominio.

Inevitabilmente abbiamo assistito a un trasferimento del potere, alla sottrazione del corpo stesso delle donne e dei bambini, diventati oggetti o merci, comunque proprietà del pater familias.

Il corpo: primo campo di battaglia
Mona Chollet nel suo libro Streghe racconta la genesi di una persecuzione che dal corpo si è trasferita allo spirito, all’immaginazione, al pensiero. Una storia lunga generazioni e millenni, incisa nei corpi e nella memoria biologica degli esseri umani. La sottigliezza di questa persecuzione consiste proprio nel fatto che con la manipolazione delle emozioni e dei sentimenti è riuscita anche a penetrare le menti delle persone, entrando nell’immaginario collettivo, trasformando i crimini in consuetudini accettate.

L’accusa di stregoneria era un’arma di sottomissione per controllare gli spiriti liberi, ma oggi le streghe «incarnano la donna libera da ogni limitazione, sono un ideale verso cui tendere. Le streghe ci indicano il cammino.».

Il femminile sacro e il potere occulto
L’evoluzione dal ‘femminile sacro’ al sistema patriarcale ha radici nella storia e, anche se questo non giustifica la discriminazione e la violenza, è opportuno che alla luce delle conoscenze che ora abbiamo e della consapevolezza che abbiamo maturato, arriviamo a comprendere che il senso di questa giornata non è la divisione tra buoni e cattivi, tra vittime e carnefici, tra uomini e donne.

Il senso di questa giornata è porsi dei dubbi e delle domande, perché sono le domande che ci fanno progredire.
Quando vedo che ci indigniamo per le donne afghane costrette a portare il velo, rifletto sul fatto che spesso sono le donne stesse che lo desiderano e che noi, attraverso la lente deformante della nostra visione, giudichiamo culture e abitudini che non conosciamo realmente.

Quando vedo le persone che se la prendono con gli estremisti islamici, vorrei ricordare loro che sono spesso le donne le prime a trasmettere ai figli la vocazione al martirio e la devozione per la causa.

La religione e la religiosità si trasmettono attraverso la madre.

Questo è l’immenso potere occulto del femminile.

La verità è che questo potere, spesso, noi donne lo usiamo male.

«Chi è causa del suo mal pianga se stesso»
Abbiamo una grande responsabilità: quella di trasformare la nostra percezione e la nostra realtà di donne, andando oltre la dualità, la divisione e l’opposizione.

Gli uomini non sono i nostri nemici.

Se vogliamo parlare di ‘vittime’ lo sono quanto noi: imprigionati nei pregiudizi di credenze radicate che li vogliono corrispondenti a degli schemi: forti, coraggiosi, macho e spesso sterminati, come nel massacro di Srebrenica, il genocidio di 8000 ragazzi e uomini mussulmani bosniaci, trucidati con l’intento preciso di distruggere un gruppo etnico, sempre nella logica del dominio.

Attenzione anche ai nuovi schemi: il politicamente corretto mi fa orrore perché appiattisce le differenze e le diversità in nome di dogmi.

Se la frase “orgoglio gay” aveva un senso negli anni ‘60, adesso è semplicemente l’ennesima moda.

Nella furia riformatrice siamo arrivati all’abnorme utilizzo del termine ‘persona portatrice di pene’ o ‘portatrice di vagina’, oltre a tutti gli acronimi LGBTQ+ che altro non fanno se non alimentare differenze basate su scelte e orientamenti sessuali.

Qual è il mondo che desidero?
La domanda che mi faccio è semplice: qual è il mondo che desidero?

La risposta è chiara.

Un mondo in cui la parola ‘contro’ venga utilizzata per la narrativa e non come slogan.

Un mondo in cui sia possibile costruire insieme nuove ‘identità mutanti’.

Quando dico ‘mutanti’ intendo identità di esseri umani pronti a evolvere verso modi di essere che ancora non conoscono, pronti a esplorare nuove vie per esprimersi e relazionarsi, con curiosità e amorevolezza, senza ricorrere in continuazione a etichette e definizioni.

«Pezo el tacòn del sbrego»
Così recita un noto detto veneto: «il rammendo è peggio del buco».

Il mondo che vedo adesso è un mondo che con tanta buona volontà si adopera per rappezzare i danni, ma quando vedo le persone così preoccupate di declinare al femminile parole che non ha senso che vengano pronunciate al femminile, oppure vedo utilizzare la schwa e gli asterischi (che trovo insensati, perché la lingua ha una sua logica storica), penso che ancora una volta si cerca di rimediare mettendo la vernice sulle piaghe, senza andare alla sostanza.

Quello che emerge da queste azioni è che ci troviamo immersi in una realtà in cui la discriminazione è ancora all’ordine del giorno e ogni tanto, per tacitarci la coscienza, si istituisce la ‘giornata della donna’, ci si preoccupa di parlare al femminile e si stabiliscono le ‘quote rosa’.

Questa è mancanza di rispetto.

Una donna stupida resta stupida e non vedo perché dovrei delegarle il potere o darle la mia fiducia. Lo considero un insulto all’intelligenza delle donne e degli uomini. Piuttosto desidero impegnarmi perché – a parità di competenza, intelligenza e capacità – alle donne vengano riconosciuti pari compenso economico e pari ruolo che ai colleghi maschi. Sono una donna e non desidero essere premiata perché ‘portatrice di vagina’, così come ritengo che le scelte e gli orientamenti sessuali siano questioni personali e insindacabili.

‘Rosa’ non sempre è bello
Non sono una che va in visibilio perché Kamala Harris o Condoleezza Rice rivestono ruoli di potere. Alcune donne al potere sono state pessime e hanno fatto danni devastanti, come Margaret Thatcher. Desidero conservare il raziocinio e il discernimento, continuare a pensare con la mia testa, al di là delle etichette e delle mode.

Questo mi sembra il miglior tributo che posso dare a questa giornata, che non festeggio perché onestamente ritengo non ci sia nulla da festeggiare, ma che celebro a modo mio, dicendo ‘la mia verità’.

#my2cents.

«La mano che regge la culla è la mano che governa il mondo»
È così che desidero concludere per ricordare alle donne la grandissima responsabilità che hanno verso le figlie femmine e i figli maschi. Il nuovo mondo che desidero può venire solo dall’educazione, dalla consapevolezza, dal riconoscimento dei limiti e degli errori, dall’autentico desiderio di cambiare e dall’esempio.

Esercizio di stile
Vi propongo di sostituire le parole

‘Eliminazione’ con ‘Accoglienza’

‘Contro’ con ‘Per’

‘Vittima’ con ‘Persona responsabile’

‘Violenza’ con ‘Rispetto’

Giornata per il rispetto degli esseri viventi
La violenza si manifesta in modo sottile: con le parole e le immagini penetra nel cervello delle persone e ne guasta il cuore, rendendole insensibili alla sofferenza, anche quella degli animali e delle piante.

Discriminare e dividere sono azioni violente, ma potrò rispondere con l’accoglienza e la comprensione solo quando avrò adempiuto al dovere sacro verso me stessa di tutelare e far rispettare i miei limiti fisici ed emotivi.

Prima di tutto li dovrò riconoscere e darmi valore.

Questa è la forma di celebrazione che scelgo.

Mettere in luce il valore di ogni persona, uomo o donna che sia.

Lasciando il segno.

Regina Moretto - Esploratrice di Scrittura Potente.

L’italiano è la mia lingua.
Con il cervello immagino il mondo nuovo.
Con le mani lo scrivo.
Con le parole lo racconto.

«Azioni per la Realtà Mutante»
Il mercato cambia le regole.
Google cambia gli algoritmi.
Le uniche certezze a cui posso appellarmi sono quelle dell’ortografia e della sintassi.
Quando Google capisce a chi voglio parlare e che cosa gli sto dicendo, mi fa arrivare dritta al cuore del mio target.

Cerco le migliori parole per raccontare l’unicità di persone, prodotti e servizi.
Leggo con piacere chi ha qualcosa da dire e lo scrive con maestrìa.
Imparo da quelli bravi per fare la differenza e destare curiosità.

Da 10 anni studio e pratico la scrittura in tutte le sue potenzialità, con particolare attenzione alla comunicazione delle sfumature emozionali e alle parole adeguate per attivare nell’interlocutore precise aree del cervello.
Utilizzo le recenti scoperte delle neuroscienze per potenziare le parole di una carica benefica.
Propongo i risultati della mia ricerca negli WORKSHOP e li metto a disposizione dei clienti nella CONSULENZA MANAGERIALE.

Trovo le parole giuste per farti vendere di più.
Soprattutto meglio.

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Immagine di copertina – © Photo by roya ann miller on Unsplash