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Ergonomia e la necessità di promuovere l’attività motoria

19 Luglio 2022 cda58

Ergonomia e la necessità di promuovere l’attività motoria

 

L’ergonomia può essere considerata come lo studio dell’interazione tra l’uomo e qualsiasi artefatto (automobile, computer, cacciavite, ecc.) allo scopo di ottimizzarne l’uso (dal punto di vista dell’energia che richiede, della correttezza anatomica funzionale, della sicurezza, ecc.).

Dalla maniglia scomoda di una porta ai pulsanti poco intuitivi di uno strumento tecnologico, dall’utilizzo di un nuovo sistema operativo alla presa di una caffettiera, tutti abbiamo vissuto e viviamo quotidianamente, coscientemente o meno, la corretta (o meno) progettazione ergonomica di molti oggetti che fanno parte della nostra vita.

Pioli scivolosi e caffettiere masochiste

Ogni volta che devo uscire dalla mia doccia di casa penso a chi ha progettato il minuscolo piolo metallico completamente liscio (e quindi scivoloso) che con molta difficoltà cerco di afferrare per aprire la parete del box.

Similmente alla famosa “caffettiera del masochista”, titolo anche di un libro che ha fatto la storia dell’ergonomia scritto dal celebre psicologo Donald Norman, dove è impossibile versare il caffè senza ustionarsi, apprezzo e sono grato agli esempi di buona progettazione (mi viene in mente ad esempio l’intuitivo sistema per regolare la posizione del sedile della mia auto), così come sono molto consapevole di quanto una cattiva progettazione ergonomica possa peggiorare la qualità di vita e talvolta anche la salute delle persone.

La scelta di aprire il box doccia da un minuscolo piolo liscio, per di più sempre bagnato, è forse uno dei tanti esempi quotidiani in cui la priorità estetica ha fatto dimenticare quasi completamente la funzionalità ergonomica.

Vediamo un attimo più in dettaglio perché l’ergonomia è così importante per la nostra salute e la nostra qualità di vita.

Era il 1994 quando, lavorai per un breve periodo all’interno dell’Interaction Center della prestigiosa University College of London con la prof.ssa Rachel Benedyk.

All’epoca l’Interaction Center era uno dei pochi centri di ricerca universitari al mondo dove si applicava concretamente l’ergonomia per migliorare l’utilizzo di strutture pubbliche come, per esempio gli ospedali, gli uffici, le scuole o i giochi pubblici dedicati ai bambini.

Io diedi un piccolo contributo per progettare più correttamente dei giochi per bambini (come scivoli, altalene, ecc.) che, all’epoca, non venivano costruite considerando dei fattori ergonomici apparentemente banali (per esempio il tipo di materiale usato per gli scivoli o le catene, la forma dei corrimani che servono per salire una scala, l’inclinazione e l’altezza delle pareti contenitive degli scivoli, ecc.) che nell’uso concreto diventavano vere e proprie “trappole” per i bambini che li utilizzavano.

L’Interaction Center, ascoltando con attenzione i fruitori diretti dei giochi (cioè i bambini di una specifica fascia di età), intervistando i loro genitori e analizzando i rapporti stilati dai pronti soccorsi degli ospedali, riuscì a fornire delle indicazioni precise a coloro che progettavano i giochi pubblici per ridurre e, nel migliore dei casi, azzerare, una serie di tipologie di incidenti che andavano dalle piccole ustioni a situazioni ben più gravi e pericolose come ferite da taglio o cadute.

Interazioni ergonomiche sempre più efficaci?

In generale, nel momento in cui abbiamo a che fare con l’utilizzo di un qualsiasi artefatto, cioè un oggetto prodotto da una o più persone che ha una precisa funzione, abbiamo la possibilità di analizzare l’interazione che avviene tra il comportamento umano e questo oggetto al fine di migliorarne alcune caratteristiche e, per esempio, rendere questa interazione più sicura, comoda ed efficace.

Nella definizione stessa di ergonomia l’interazione persona-artefatto viene sempre studiata per ottimizzare dei criteri a favore degli individui protagonisti di questa relazione quindi, in genere, ad esempio, lo studio ergonomico di spazi di lavoro così come quelli domestici ha finora quasi sempre enfatizzato il risparmio di tempo ed energia umana necessaria per utilizzare artefatti quali, per esempio, la stampante od il triangolo formato dal piano cottura, il frigo ed il lavabo o l’accessibilità di un ascensore rispetto l’ingresso di un edificio.

Nuove esigenze sociali cambiano i criteri ergonomici?

Finora, in una maniera quasi ubiquitaria, l’ergonomia ha cercato di ridurre al massimo l’energia richiesta per utilizzare gli artefatti ma in una società come quella attuale, anche le esigenze cambiano nel tempo modificando i criteri secondo i quali una progettazione è considerata o meno ergonomica.

Per la prima volta nella sua storia evolutiva la specie umana si trova ad affrontare sfide quali un’epidemia di obesità, la diffusione della sedentarietà e di malattie croniche oltre alla sfida legata alla sostenibilità ambientale, mai viste prima.

In questo contesto, continuare a progettare con i criteri ergonomici che minimizzano l’energia e l’attività motoria richiesta, pensiamo ad esempio all’uso dell’ascensore al posto di fare le scale per raggiungere anche i piani più bassi di un edificio, o una postazione di lavoro che non necessiti di alzarsi dalla poltrona per esigenze quali la stampa, l’illuminazione o altro, non solo non sono più funzionali per la fitness umana, ma possono rappresentare un fattore che promuove uno stile di vita scorretto e pericoloso.

Rispetto al passato, i criteri ergonomici adottati per progettare gli oggetti saranno più complessi perché dovranno da una parte permettere ad una persona di risparmiare energia metabolica qualora questa fosse una scelta consapevolmente dalle persone (pensiamo ai tapis roulant degli aeroporti o delle metropolitane) dall’altra dovranno però anche incentivare un più corretto ed equilibrato dispendio di energia per promuovere sani abitudini motorie.

Nei circa due anni che ho vissuto in Florida, mi ha sempre colpito quanto fosse, da un lato comodo per le persone obese utilizzare gli appositi scooter elettrici messi a disposizione dai supermercati per fare la spesa, dall’altro quanto questo stesso fattore incentivasse uno scorretto stile di vita che andava a peggiorare la condizione dei cittadini perché nei fatti promuoveva ulteriormente la sedentarietà.

Da questo punto di vista la progettazione di un’interfaccia ergonomicamente corretta probabilmente dovrà “evolvere“ attraverso uno sforzo progettuale che si faccia carico dei comportamenti potenzialmente disfunzionali delle persone ed al contempo incentivi stili di vita più salubri e sostenibili.

Massimo Agnoletti, Ph.D.

Sono psicologo ed ho un dottorato di ricerca, il mio lavoro consiste nel tradurre le preziose informazioni scientifiche della Psicologia in strategie e comportamenti per migliorare il benessere e la salute delle persone.

Sono un esperto di Stress con esperienza pluriennale e mi occupo di questo argomento con una prospettiva integrata psico-neuro-endocrino-immunologica.

www.massimoagnoletti.it

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